lunedì 24 settembre 2012

Mio Zio


Londra, 6,30 del mattino. Squilla il telefono. Sul display un nome senza cognome, dall’altra parte un pianto dirotto,  poche parole incomprensibili.

Era la telefonata che prima o poi sarebbe arrivata.

Sono a Londra da un anno e non ho mai visto un carro funebre, un funerale, qualcosa che mi abbia fatto capire che lì in quella casa, in quel palazzo, in quella chiesa si stesse consumando un dolore. Non c’è posto per questi riti e per le manifestazioni emotive che ne conseguono, in una città come Londra. Un po’ come, primi giorni da universitario romano, mi recai a far visita, come si usa da noi, per  la morte di un padre di un mio compagno di posti all’università (facevamo insieme i turni per prendere i posti alle 6 del mattino altrimenti il Prof lo vedevi con il binocolo dagli spalti  in montagna dell’aula 1)  e scoprì che il concetto di “morto” non esisteva. Così mi ritrovai da solo in casa del defunto con la moglie  e i due figli, la zia e un sacco di imbarazzo.

Da noi è tutto diverso, nei 2 giorni che seguono la morte è un concentrato di emozioni, di ricordi, di sofferenza che si alimentano ad ogni visita che il defunto riceve, in casa e poi in chiesa. E’ difficile che manchi qualcuno, ognuno a modo suo esprime il proprio cordoglio con la propria presenza ripetuta.

Zio Tonino era il mio zio preferito. L’ultimo di quattro fratelli. Mio nonno morì nel momento peggiore in cui una famiglia monoreddito poteva permettersi il lusso di perdere un padre.  Era  durante la seconda guerra mondiale, il cibo scarseggiava, mia nonna si inventò il mestiere di sarta e tutti i figli, bambini, cominciarono da subito a lavorare. Mio padre fu il più fortunato dei quattro, lui andò a studiare in seminario e siccome il seminario non era gratis ma si pagava in natura, gli altri 3 fratelli facevano i sacrifici e la sera mangiavano in tre un uovo, “all’acqua”. Zio Tonino diventò sarto perché il sapone costava caro. Il suo primo giorno da bambino apprendista fu in un’officina meccanica.  La sera tornò a casa tutto sporco di grasso e la nonna Rosa, non avendo il soldi per il sapone, dal giorno dopo lo mandò ad imparare il mestiere di sarto.

Zio  Tonino era un uomo di poche parole che, sembrerà strano,  andavo a trovare quando avevo voglia di farmi delle lunghe chiacchierate ed avevo bisogno di farmi somministrare qualche pillola di esperienza e di saggezza.  Non era difficile trovarlo, era lì,  alla “putea”. Prima in via Roma quasi ad angolo con la  Piazza, dalla cui porta a piano strada ogni tanto partiva il ragazzo con su un braccio il pantalone e sulle due dita dell’altra mano la giacca, appesa per il centro del bavero, che Zio Tonino si raccomandava di andare a consegnare con cura a casa del Cliente che attendeva il desiderato vestito. Poi si spostò di qualche decina di metri in uno dei locali di Palazzo Carissimo ed infine, da pseudo pensionato, in un piccolo locale alle spalle del Viale. In ognuna delle sue “putee” c’è stato sempre lo stesso tavolo in legno, dove appoggiava la stoffa e  con un ago, un filo, una riga ed un gessetto creava  un’opera d’arte.

“Il vestito dell’ultimo  dei sarti è molto meglio di quello della  migliore confezione”, diceva. Come mai nessuno dei figli o dei nipoti abbia intrapreso la sua stessa attività non è perché, come diceva Lui, era una vita di sacrifici. È perché il vestito è un’opera d’arte ed il sarto è un artista, si tramanda un mestiere, non un’arte. Il vestito di un sarto ti avvolge come un guanto, corregge i difetti, ti fa sembrare con le spalle larghe ed il busto eretto, basta un centimetro in più o in meno sulla lunghezza della giacca o delle maniche, sulla larghezza del bacino o delle gambe per donarti le giuste proporzioni. I clienti di mio Zio, che lasciavano fare a Lui, erano tutti slanciati anche quando bassi, avevano tutti un fisico perfetto, avevano tutti la giusta proporzione tra le gambe, il busto e le braccia.  La sua soddisfazione era poter dire “ce sa tu ciagghiu duvutu fa  a cuddu, cu li sconnu da spalla sciummuta”

Zio Tonino lavorava anche il giorno di Natale. Alla fine del pranzo natalizio, a casa della Nonna, abbandonava la tavola prima di tutti gli altri e correva alla “putea” perché di Santo Stefano o il giorno dopo c’era sempre qualcuno che si sposava e zio Tonino faceva i vestiti per lo sposo e per molti degli invitati. Purtroppo c’era qualcuno che si sposava anche a Pasqua e della Madonna della Fontana, i giorni in cui le quattro famiglie dei quattro fratelli solitamente si riunivano.

Zio Tonino è per me il più grande esempio di attaccamento al lavoro. Anche gli altri 3 fratelli lo sono stati ma Zio Tonino ha eccelso per costanza e dedizione. Per la sua continua ricerca del vestito perfetto. Nonostante per 60 anni abbia fatto sempre la stessa cosa, in realtà l’ultimo vestito era sempre migliore del suo precedente. Eccezion fatta per quei clienti che rompevano i coglioni e che dicevano a Zio Tonino come gli andava fatto il vestito. Lui glielo faceva ma il risultato non era dei migliori. In quest’ultimo caso il vestito usciva dalla “putea” accompagnato dalle parole  “ce manna dì li cristiani”.  La volta successiva però, quei Clienti, passavano dietro agli altri fino a quando, spazientiti per le lunghe attese, cambiavano il sarto.

Il vestito di zio Tonino era il vestito sartoriale, un classico del tempo che non cambia mai, che non è mai fuori moda, sempre al passo con i tempi, che obbligava i suoi clienti a non prendere peso altrimenti come avrebbero fatto con i suoi vestiti. Da 20 anni io ho sempre lo stesso taglio. È il 2 bottoni e mezzo che non è né un 2 bottoni né un tre. Non ha il petto troppo aperto ne troppo chiuso.  Va bene quando vanno i due bottoni e quando tornano i tre. I clienti  migliori avevano il modello di carta e io ero fra quelli. Il vestito andava provato 2-3 volte e poi era pronto.  Ma nonostante il modello di carta, nonostante il taglio fosse sempre lo stesso, ogni vestito era diverso dall’altro ed ogni successivo era migliore del predente. Nonostante facesse sempre lo stesso modello, ogni vestito aveva un qualcosa di diverso per la sua continua ricerca della perfezione. E quando qualche volta mi vedeva con un vestito vecchio, perché continuo ad indossare vestiti del 1987 e nessuno lo potrebbe mai immaginare,  o quando glieli portavo per fargli dare una rigenerata con il ferro a vapore,  Lui li guadava e dai particolari che ogni volta miglioravano i suoi vestiti mi diceva “ah si, questo lo facevo nel 1990”.

Con zio Tonino se ne va un pezzo della storia del lavoro e dell’artigianato che purtroppo nessuno potrà più replicare, neanche i cinesi.

Ma devo soprattutto dire, osservando la sua famiglia in questi ultimi mesi della sua vita, che con zio Tonino,  oltre ad andare via un grande sarto e un grande lavoratore, con zio Tonino sono andati via un grande marito, un grande padre, un grande nonno ed un suocero meraviglioso.

Ciao Zio.

martedì 18 settembre 2012

Raccolta differenziata a Londra


Vivendo per 5 mesi all’anno in  un’azienda agricola sono  molto sensibile al problema dei rifiuti. Un’azienda agricola è il Pianeta in piccolo, se non fai attenzione rischi di essere sommerso dai rifiuti. Se però sei virtuoso puoi riciclare quasi tutto: plastica, vetro e ferro dopo averli accumulati li puoi anche vendere;  l’umido se lo metti nella concimaia diventa concime. Purtroppo, per quanto bravo puoi essere, vi è sempre una piccola parte che non riesci a riciclare e che sei costretto a portare in città contribuendo a formare le diverse tonnellate di rifiuti che Oria giornalmente conferisce in discarica. Da circa 3-4 anni, ad Oria, si fa la raccolta differenziata. Fui entusiasta dell’iniziativa dell’allora sindaco e non mancai di inviargli un sentito messaggio nel vedere, il primo giorno di raccolta, le vie di Oria costellate di bidoni marroni contenenti l’umido. Fu da subito un  successo, con raccolte differenziate vicine al 50%. Purtroppo il restante 50% arrancava ed arranca. E poiché arrancava anche la signora che ci aiutava in casa, mi ero convinto che quel 50% di non differenziata avesse una causa sociale e culturale, risolvibile con informazione e formazione.

La civile Inghilterra ha un modo poco civile di differenziare. Qui esistono solo 2 grandi categorie di rifiuti: riciclabile e non riciclabile. A Londra, l’operatore ecologico passa 2 volte alla settimana (a Oria 6), il martedì prende il sacco del riciclabile e quello del non riciclabile, il venerdì ritira solo il non riciclabile. Strano, perché in un paese civile dovrebbe essere il contrario presupponendo un maggior conferimento di riciclabile. Il londinese lascia il suo sacco sul marciapiede tra le 10 della sera e le 6 del mattino del giorno antecedente il ritiro oppure ci sono dei grossi bidoni dove, quando vuole, può mettere i suoi sacchi.

I sacchi devono essere di un colore specifico, guai a cambiare il colore del sacco dell’immondizia. Nella civile Inghilterra anche l’immondizia ha il suo specifico packaging e cambiare il colore del sacco non è ben accetto dagli operatori ecologici. Notting Hill e nel comune di Westmister e qui si usano i sacchi neri per il non riciclabile e i celesti trasparenti per il riciclabile.  Il primo mese abbiamo temporaneamente vissuto nella parte di Notting Hill che ricadeva in un altro Comune e lì i sacchi del riciclabile erano trasparenti rosa. Siccome di rosa ne avevamo comprati in quantità industriale ce li eravamo portati nella nuova casa. Purtroppo ho scoperto che se usi un colore diverso, il sacco te lo lasciano sul marciapiede. Tornando a casa, dopo aver accompagnato i bambini a scuola, scoprivo che erano passati a ritirare i sacchi di tutta la strada, ma non il mio, rosa shocking, con tutta la mia carta, il mio vetro e la mia plastica. La prima volta non capisci e pensi forse passeranno dopo. Nel dubbio prendi il sacco  e lo vai a gettare nei bidoni all’angolo della strada. Purtroppo ci è arrivata una lettera del Comune che ci comunicava che “dopo aver analizzato il contenuto del sacco ed essere risaliti a noi quali legittimi proprietari …. la prossima volta ci sarebbe stata fatta una multa di 250 sterline (circa 300 €)”. Tutto questo perché nonostante avessimo riciclato, rispettano gli orari ed i giorni di raccolta, ci eravamo ostinati ad usare il sacco trasparente rosa anziché quello trasparente blu.

Resta il fatto che a Londra si ricicla poco, che i sacchi neri sono il doppio di quelli trasparenti blu, ed in più, siccome la cosa mi sembrava strana ho spiato nei sacchi degli altri ed ho notato che nei sacchi neri ci mettono anche il vetro, la plastica e la carta. MALEDETTI BASTARDI.

E pure sono tutti benestanti e acculturati, una comunità internazionale e multietnica fatta di ricchi Brokers e Banchieri. Pensate che nella mia via, in 80 mt di strada, ci sono solitamente 7 Porsche parcheggiate e durante i week-end anche 2 Aston-Martin. Non capivo perché, ma la mia teoria del  problema culturale e sociale  era certamente sbagliata.
Domenica siamo stai invitati a casa di amici Napoletani per mangiare, io, e per vedere la partita Napoli/Parma, gli altri. Mario, il padrone di casa, è un giovane banchiere di successo della City, vive a Londra da 15 anni, guadagna molto bene, quindi appartiene ad una classe agiata. Inoltre è laureato alla Bocconi, con lode, in tre anni ed una sessione, quindi è anche acculturato. Anche sua moglie, Carla, è laureata, anche lei in Economia e Commercio col massimo dei  voti e i loro figli frequentano delle buone scuole e con ottimi risultati. Possiamo quindi dire che sono tutti acculturati e socialmente elevati e quindi, secondo la mia teoria, dovrebbero differenziare meglio di me che non sono laureato e sono meno agiato di loro.
È successo però che,  mentre gli altri guardavano la partita ed io mangiavo le olive, mi sono ritrovato con il solito problema che capita spesso quando la padrona di casa dimentica che oltre a servire le olive bisogna anche fornire qualcosa per gettare i noccioli. Avendo oramai la mano destra piena di noccioli, non mi restava che entrare in cucina e gettarli nel bellissimo bidone bianco, molto fashion, sperando che fosse il bidone del non riciclabile. Premo il pedale e mi resta il coperchio in mano. Era il segnale che mi faceva capire che quel bel bidone fosse poco usato. Era  infatti sprovvisto del sacco nero all’interno e ai suoi piedi vi erano due buste del supermercato, altro che sacchi neri o blu trasparenti, piene di ogni tipo di rifiuto, ovviamente non differenziato. BASTAR…

Ora mi è tutto chiaro:  Napoli sarà sempre sommersa di immondizia ed i miei vicini londinesi di origine araba, spagnola, portoghese, russa, brasiliana … continueranno sempre a mettere  nei sacchi neri la plastica e il vetro perché la monnezza non né un problema culturale né sociale. La monnezza è un problema congenito.

Saluti da Londra

mercoledì 16 maggio 2012

A cena con Gunther Oettinger, Commissario Europeo per l’energia

Lo scorso sabato sono stato in Germania, in un paesino vicino Stoccarda, per il 60esimo compleanno di un mio amico tedesco, ex parlamentare.

Inizio ore 19H00. Pochi invitati, quasi tutti politici,  tra cui un paio di ex ministri ed il commissario europeo per l'Energia Gunther Oettinger, arrivato prima degli altri.

Niente sirene, niente scorte, nessuna corsia preferenziale per le autorità venute alla cena. il Commissario è stato lasciato ai piedi della collinetta  che portava ad un Castello dove si sarebbe tenuta la cena.  Come tutti gli altri ha fatto a piedi una lunga scalinata senza approfittare della stradina chiusa al traffico. Niente forze dell'ordine, niente giornalisti, nessuna telecamera di tv nazionali o locali. Basterebbe questo per spiegare come mai i politici italiani stanno oramai tanto sulle palle agli italiani, perchè un italiano su tre non si reca alle urne e perchè mai molti votano per Grillo.

Alle 22H00, a cena non ancora finita, i camerieri si sono avvicinati ai vari tavoli, dieci tavoli da dieci persone ciascuno, avvisando che stavano andando via e che da quel momento ci saremmo dovuti servire da soli.
La cosa mi è sembrata strana, ma un giornalista di origine italiana al mio tavolo, Tony Mazzaro, che vive da 40 anni in Germania, mi ha spiegato che l'orario di lavoro era finito e che la cosa fosse abbastanza normale, "non si può chiedere alla gente di rimanere oltre le 22H00 ... Voi in Italia siete abituati a sfruttare i lavoratori, qui in Germania i sindacati non lo permettono".

Provate ad immaginare una cosa del genere in Italia? Dei camerieri che alle 22H00, giusto dopo il dolce vanno via e lasciano senza il caffè e l'amaro un paio di ex Ministri e l’attuale Commissario EU?

Ho pensato ai poveri nostri camerieri che lavorano per le società di catering che sanno quando cominciano e non sanno quando finiscono e che per lavorare, come cameriere, nonostante la laurea, hanno bisogno della raccomandazione. Ho pensato a quei camerieri provando ad immaginare cosa accadrebbe loro se osassero andar via prima degli invitati. Ho pensato a come si sarebbe incazzato il più insignificante dei nostri politici se lo avessero lasciato senza il caffè perchè si erano superate le 22H00. Ho pensato a che futuro avrebbe in Italia un'organizzazione di party e convegni che alle 22H00 interrompe il servizio.

Ho pensato alla Fornero che vorrebbe maggiore flessibilità in un paese in cui non vi è nulla di più flessibile del precario che lavora e mi sono chiesto: è un problema di flessibilità o  "chi pecora si fa lupo lo mangia"?


Saluti da Londra